L’ipertensione arteriosa è un disturbo molto comune negli adulti e rappresenta un killer silente, responsabile di 7,6 milioni di morti nel mondo (il 13,5% del totale dei decessi) e di 6,3 milioni di disabilità (il 4,4% del totale) legate ad eventi secondari (dati OMS).
Questa non è di per sé una malattia ma uno stato determinato da diversi co-fattori che alla lunga possono generare ictus, infarti, aneurismi, emorragie interne, trombosi ed altre complicanze spesso fatali del sistema cardiovascolare.
Contenere la pressione arteriosa entro i limiti (125/85 mmHg) è indispensabile sia per scongiurare eventi nefasti che per mantenere alti i livelli della qualità di vita.
Le ricerche che vengono effettuate su Google in Lombardia

A differenza di quanto accadeva negli anni tra il 1970 e il 2000, quando ne risultava affetta la quota più benestante della popolazione mondiale, i paesi industrializzati rispetto alle realtà più povere, oggi vi è un’inversione di tendenza in tal senso; l’epidemiologia infatti denuncia una criticità proprio tra i paesi più poveri, mentre tra le popolazioni più abbienti nonostante l’allungamento della vita questa patologia viene ben controllata.
Da una rilevazione condotta su scala mondiale nel 2015 dalla NCD Risk Factor Collaboration, pubblicata da The Lancet, si evince che degli 1,13 miliardi di adulti affetti da ipertensione:
- 258 milioni (il 23%) vivono in Asia meridionale, di cui 200 milioni in India;
- 235 milioni (il 21%) vivono in Asia orientale, di cui 226 milioni in Cina;
- i 5 paesi con il maggior numero di maschi adulti ipertesi sono europei (Croazia, Lettonia, Ungheria, Lituania e Slovenia);
- i 5 paesi con il maggior numero di donne adulte ipertese sono collocati tutti in Africa (Burkina Faso, Somalia, Niger, Ciad e Mali);
- il paese europeo con il minor numero di ipertesi è la Gran Bretagna, con il 18% tra i maschi e il 12% tra le donne;
- meglio del Regno Unito vi sono Corea del Sud, USA, Canada, Perù e Singapore, dove di pressione alta soffrono un maschio su 6 e una donna su 10;
- in Italia dal 40% si è scesi a meno del 30% tra gli uomini, mentre per le donne l’incidenza passa da poco più del 30% al 20%.
La casistica italiana e i fattori esogeni

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Secondo i dati OsMed in Italia circa il 28.3% degli assistiti risulta affetto da ipertensione, cioè il 30-40% della popolazione generale.
Il nord è di poco più colpito rispetto al sud (56,8 contro 56,2), mentre al centro risulta affetto da ipertensione il 50,4% della popolazione assistibile.
Le cause vanno ricercate tra i disordini metabolici e le patologie cardiocircolatorie, le aggravanti esterne sono costituite da:
- abuso di alcol
- fumo
- alimentazione scorretta, ricca di grassi, carboidrati e povera di fibre
- stress
- vita sedentaria.
La provincia di Monza e Brianza ricalca quelli che sono i dati regionali, cioè ad essere colpiti da ipertensione sono il 33% degli uomini (il 16% è in condizioni di rischio) e il 28% delle donne delle quali il 15% è a rischio (dati SIIA).
Un’alimentazione bilanciata e una vita regolare, controllando o abolendo del tutto abitudini dannose come il consumo di alcol e il fumo, possono diminuire sensibilmente i rischi di stroke legati all’ipertensione, gli esercizi fisici giornalieri inoltre sono in grado di ridurre anche del 13% la pressione arteriosa.
Ovviamente per chi è già affetto da forme medie e gravi di ipertensione è indispensabile la terapia farmacologica di supporto e controlli medici periodici.
Tutto questo ha un costo e la rinuncia alle cure mediche è il motivo per cui la parte indigente del mondo ne risulta particolarmente colpita.
Lo sport nel controllo dell’ipertensione


Il ruolo dello sport nel contrasto all’ipertensione è noto da molto tempo e i benefici sono ben documentati.
Un’idonea attività sportiva incrementa le performance cardiache e fluidifica il sangue, rendendolo meno coagulabile, prevenendo in tal modo eventuali formazioni di trombi; riduce inoltre i livelli plasmatici di colesterolo e preserva l’endotelio arterioso e l’intero sistema artero-venoso.
Un’attività fisica mirata e costante può ridurre la pressione anche di 13 mmHg, ma affidandosi ad un personal trainer il paziente può intraprendere il percorso ginnico più adatto alle proprie esigenze (cardiofitness), onde conseguire risultati più duraturi nel tempo.
Tenendo conto che un efficace programma deve prevedere almeno 4 sedute settimanali di 50 minuti cadauna oltre ad un turno che consiste in esercizi più vigorosi, le discipline generalmente più conformi ad una perdita di peso, ad una riduzione dei livelli plasmatici di grassi endogeni ed esogeni e alla fluidificazione ematica sono il fitness, il nuoto, la corsa, la cyclette e il tapis roulant in palestra.
L’attività fisica producendo endorfine riduce i livelli di stress che rappresentano una delle maggiori concause dell’ipertensione ed è pertanto considerata l’arma più idonea per contrastarla.
L’adeguamento della dieta mirata soprattutto alla limitazione dei grassi e del sodio, che apporti un calo ponderale di 7/8 chili, può ridurre la pressione di ulteriori 6/7 mmHg, mentre la rinuncia ad abitudini dannose come l’alcol e/o il fumo può diminuirla di altri 5 mmHg.
Combinando lo sport alla dieta l’ipertensione può diminuire anche di 25/30 mmHg e i valori mantenersi costanti nel tempo.
L’alimentazione ipocalorica e l’attività fisica spesso bastano da sole a contenere la pressione alta, ma anche qualora la disfunzione richiedesse l’utilizzo concomitante di una terapia farmacologica, i risultati sarebbero di gran lunga più soddisfacenti e la quantità di farmaci da impiegare meno consistente.
L’attività sportiva rimane una della maggiori risorse a nostra disposizione, grazie alla quale viviamo meglio, che ci aiuta a prevenire e a contrastare molte patologie e disfunzioni anche importanti, contribuendo a mantenere alto il livello qualitativo di vita.
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